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Il senso del ridicolo della giustizia italiana

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Tante sono le osservazioni che si possono fare sull’ennesimo capitolo dedicato alle intercettazioni telefoniche e Silvio Berlusconi. La tentazione più forte è quella di gridare a gran voce che ne abbiamo piene le tasche e non ne possiamo più.

Ma non possiamo esimerci dal constatare che questi giudici meritano una condanna per reati plurimi, non contemplati dal codice civile, né da quello penale, bensì dal codice etico che a maggior ragione dovrebbe essere patrimonio indispensabile e inalienabile di chi svolge la loro professione:
1) mancanza di intelligenza;
2) mancanza di pudore;
3) incapacità di sintesi;
4) troppo amore per i sofismi.

I giudici della quarta sezione penale del tribunale di Milano nelle 90 pagine di motivazione al verdetto col quale hanno inflitto un anno di carcere all’ex premier per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio, scrivono: «Quella sera la registrazione audio venne ascoltata attraverso il computer, senza alcun addormentamento da parte di Silvio Berlusconi, o inceppamento del pc».

Fossi nel Cavaliere, controllerei in modo minuzioso tutti i possibili anfratti corporali in cui si potrebbe nascondere un rivelatore della temperatura corporea, del metabolismo, e delle attività cerebrali, atto a stabilire senza tema di smentita che egli non sia stato colto da improvviso torpore.

Leggiamo ancora tra le 90 pagine delle motivazioni che gli sono costate una condanna a un anno che senza l’«apporto in termini di concorso morale» dell’ex premier «non si sarebbe realizzata la pubblicazione».

Per lo stesso “reato” compiuto dal cavaliere, anzi oseremmo dire per reati simili, ma immensamente più gravi, cioè la comunicazione alle autorità competenti (o agli organi di stampa, che è quasi la stessa cosa, tanto il risultato è lo stesso) di informazioni che conducano all’identificazione di un reo, esiste una categoria di cosiddetti “pentiti” che hanno avuto in premio nuove identità, abitazioni in uso gratuito e stipendi ai quali non corrisponde un qualsivoglia impegno né fisico, né mentale.

L’errore del Cavaliere è stato quello di non dichiararsi “pentito”.

Ma la perla arriva adesso. Da inserire tra le str..ampalate dichiarazioni presenti nella storia della giurisprudenza italiana.

«Tenuto conto della qualità di pubblico ufficiale di Silvio Berlusconi, e della lesività della condotta nei confronti della pubblica amministrazione, gravemente danneggiata dalla plateale violazione del dovere di fedeltà dell’incaricato di pubblico servizio, dotata di grande rilevanza mediatica risulta pertanto giustificata la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche». I giudici sottolineano di aver tenuto conto anche della «insufficienza della condizione di incensuratezza dell’imputato, per altro gravato da altre condanne, sia pur non definitive».

Chissà come ridono lo stesso Fassino, Penati, e tutti coloro che si sono sporcati la mani con la gestione del denaro pubblico e hanno approfittato della loro carica pubblica per ottenere favori, prebende, regali, e via di seguito. Costoro sì che hanno servito con decoro lo Stato. Chissà come piangono i garantisti, Luciano Violante in testa, che si affannano e si ostinano ad affermare che una persona è colpevole solo dopo il terzo grado di giudizio.

E alla fine una novità che non si era mai vista, un comportamento indegno che nessun, ripetiamo nessun, urliamo nessun politico italiano ha mai adottato. Sentite questa: «Ritiene il tribunale – scrivono nelle motivazioni della sentenza di condanna – che la vicenda in esame si sia rivelata quale emblematica espressione della spregiudicatezza con cui un incaricato di pubblico servizio, quale Roberto Raffaelli, titolare, in ragione del suo incarico, di delicatissimi compiti affidatigli dall’autorità giudiziaria, si sia reso disponibile a piegare il dovere di lealtà nei confronti della pubblica amministrazione». «Violando il dovere di segretezza imposto sui contenuti delle intercettazioni, persino secretate come questa – scrivono ancora i giudici – trasformata in un regalo di Natale volto ad ingraziarsi l’appoggio del presidente del Consiglio al fine di ottenere la sua protezione».

Roba da matti. Ma quale condanna a un anno? Berlusconi merita la pena di morte.

Mercurio

 

Toghe

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